lunedì 23 febbraio 2009

GREEN ECONOMY, GREEN JOBS e la ZUCCA ARANCIONE

Qualche giorno fa il Presidente USA Obama ha pubblicamente annunciato il suo “Economy Recovery Plan”, il Piano di rilancio economico per gli Stati Uniti.: con esso, tra l’altro, si renderanno disponibili 15 miliardi di dollari all’anno per i prossimi 4 anni per le energie rinnovabili.
Anche l’Europa ha presentato il suo piano di ripresa dell’economia con un investimento da 200 miliardi di eu.: una parte importante (circa 4,8 miliardi di eu.) sarà destinata per le energie rinnovabili e 4,2 miliardi di euro per l’ efficienza energetica e gestione dell’energia.
Speriamo che il nostro Governo recepisca e attui, una volta approvate, le direttive europee in merito.
Speriamo che SE LO METTA BENE IN ZUCCA il concetto che la GREEN ECONOMY deve avere un ruolo importante nel rilancio dell’occupazione.
Tutti ormai sono convinti del binomio GREEN ECONOMY - GREEN JOBS, posti di lavoro legati alle politiche ambientali.
Forse finalmente si realizzerà quello che gli ambientalisti da molti anni vanno affermando: cioè che l’Ecologia è volano per lo sviluppo dell’ Economia, ma dell'Economia “giusta”, rispettosa del benessere del genere umano.

(articolo pubblicato anche su "Cittagorà", giornale del Comune di Torino)

giovedì 19 febbraio 2009

UN DISCORSO APPREZZABILE

Mi pare possa interessare per un dibattito serio e non fazioso sul doloroso episodio della morte di Eluana Englaro il discorso dell'On. Senatore Pietro Ichino del Partito Democratico che qui riporto.
Vi rilevo un estremo rispetto della laicità delle Istituzioni e dello Stato pur dal punto di vista di un uomo religioso.

Buona lettura!

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Vorrei distinguere, nel mio intervento, la parte che svolgo nella mia veste di politico e quella che svolgo come credente. Non perché questo mi conduca a due conclusioni diverse, ma perché mi sembra necessario sottolineare una distinzione tra i due piani del discorso, che troppo sovente è ignorata o trascurata.
Nella veste di membro, laico, del Parlamento di una Repubblica laica, chiamato a stabilire quale sia il confine tra vita meramente biologica e vita umana, tra stato vegetativo reversibile e irreversibile, ritengo che la legge debba limitarsi a definire il confine al di qua del quale c’è sicuramente vita umana da difendere con ogni mezzo, e il diverso confine al di là del quale il corpo umano può e deve essere considerato a tutti gli effetti morto. Questi sono i soli certi fines, i confini sicuri, che un ordinamento civile può e deve porre. Ed essi non sempre coincidono tra loro. Dico che non coincidono perché tra di essi talvolta si presenta una sorta di zona grigia, una zona di ragionevole opinabilità – corrispondente a quella che gli anglosassoni chiamano band of reasonableness delle opzioni possibili – dove possono verificarsi una infinità di situazioni-limite particolari la cui qualificazione è controvertibile. Qui, a ogni cittadino deve essere consentito, con l’assistenza del medico o di altro consigliere qualificato di sua scelta, agire secondo la propria coscienza.
Per quel che mi riguarda, in una situazione nella quale, come nel caso di Eluana Englaro, fosse ragionevole ritenere irreversibile la mia totale perdita di coscienza, cioè ritenere il mio corpo di fatto condannato a una vita puramente vegetativa, privato irreversibilmente di mente e coscienza, sentirei gravemente lesa la dignità della mia persona se quel corpo venisse mantenuto in vita per lungo tempo, ancorché nel modo più amorevole e rispettoso. Penso che questo senso di ribellione all’idea di una prolungata permanenza forzata in vita del proprio corpo privato per sempre della coscienza sia condivisa dalla grande maggioranza dei miei concittadini. Per questo ritengo che un legislatore laico, fissati i confini della zona di ragionevole opinabilità, debba riconoscere ai familiari di chiunque si trovi in una situazione di questo genere la libertà di scegliere secondo coscienza: di scegliere, cioè, se continuare o no ad alimentare una vita che può essere altrettanto ragionevole ritenere ancora vita umana, quanto non ritenerla più tale.
È evidente, oltretutto, che in una situazione di questo genere l’alimentazione forzata equivale sostanzialmente a un trattamento terapeutico: obbligare i parenti della persona non cosciente a praticarlo violerebbe il principio costituzionale che garantisce il diritto di rifiutare le cure.
Detto questo, e parlo ancora come membro, laico, del Parlamento di una Repubblica laica, rispetto e difendo il diritto di chiunque, nel nostro Paese, quindi anche dei vescovi e in generale del Magistero ecclesiastico cattolico, come degli esponenti di ogni altra chiesa o comunità religiosa, di esprimere liberamente la propria opinione sul discrimine tra vita e morte, tra vita biologica e vita umana, e anche su che cosa la legge dovrebbe stabilire al riguardo: dissento dunque recisamente da chi denuncia negli interventi delle Autorità religiose sul terreno politico-legislativo una ingerenza indebita o comunque una scorrettezza, dal punto di vista istituzionale.
È come cristiano – forse sarebbe meglio dire: come persona impegnata a coltivare intensamente il patrimonio plurimillenario della tradizione biblica –, è in questa veste che mi rammarico di interventi del tipo di quelli che la Chiesa cattolica con frequenza compie su ciò che questo Parlamento deve o non deve fare. E mi rammarico dell’atteggiamento – che non esito a definire clericale, nel senso peggiore del termine di un Governo che a questi interventi assoggetta programmaticamente e sistematicamente il proprio agire; incurante, oltretutto, del fatto che della nostra tradizione biblica non è depositaria soltanto la Chiesa cattolica, ma anche altre, come quelle protestanti e in particolare quella valdese; ne è depositaria pure, e da molto prima, la Comunità ebraica. E tutte queste, dalle Scritture, traggono insegnamenti di etica politica talora profondamente diversi rispetto alla Chiesa cattolica.
In consonanza con tanta parte di questa grande comunità di persone che nella tradizione biblica cercano il senso della propria vita, penso che la testimonianza di una Chiesa cristiana non debba mai consistere nell’indicare la soluzione giuridico-legislativa specifica da preferire, né tanto meno le concrete modalità dell’impegno politico; penso che essa invece debba educare i cristiani all’esercizio responsabile della propria coscienza, lasciando che proprio quest’ultima resti il punto di riferimento fondamentale per ciascuno di loro nelle scelte politiche, giuridiche, tecniche. Pietro Scoppola amava citare, a questo proposito, un’affermazione del Concilio Lateranense IV del 1215: “Quidquid fit contra conscientiam aedificat ad Gehennam” (“qualsiasi cosa che si faccia contro la propria coscienza prepara all’Inferno”). Ultimamente, la Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II ha detto, con altre parole, la stessa cosa (§ 16): “L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessa dell’uomo e secondo questa egli sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio”. Nelle materie che vanno “rese a Cesare” (Mt., XXII, 21) – e tra queste vi è certamente la materia della legislazione civile le scelte operative devono esprimere i valori in cui crediamo attraverso la mediazione della coscienza di ciascuno di noi.
“Rendere a Cesare quel che è di Cesare” significa rispettare la laicità dello Stato, della sua politica, della sua legislazione. Questa laicità è sostanzialmente il metodo che consente a tutte le persone di buona volontà di trovare un terreno comune sul quale mettere in comunicazione le loro coscienze, ispirate a fedi e filosofie anche molto diverse, per cooperare nella ricerca delle soluzioni tecniche, politiche, legislative migliori per il bene del Paese. Quel terreno comune viene meno se c’è qualcuno che su di esso (cioè in quello spazio che il Vangelo ci invita a “rendere a Cesare”), si presenta con la verità in tasca, già bell’e confezionata, certificata con il sigillo della conformità alla volontà di Dio. Con gli occhi di chi legge la Bibbia, vedo in questa pretesa una violazione del secondo Comandamento: “non nominare il nome di Dio invano”.
Per concludere, chiedo alla Chiesa di affermare con forza il valore della vita; ma di rendere alla scienza ciò che le è proprio. Lasciare, cioè ai neurologi la valutazione tecnica circa l’irreversibilità della scomparsa di una componente essenziale della vita umana: la mente, la coscienza; lasciare, più in generale, ai medici la scelta del modo concretamente più umano e caritatevole di trattare, nella loro infinita varietà, i casi in cui si determina questa scomparsa irreversibile. È compito della Chiesa continuare a educare con rigore e passione le persone ai valori evangelici; ma essa deve lasciare loro – e in particolare a quelle che sono impegnate negli organi legislativi e amministrativi dello Stato – la libertà di compiere secondo coscienza le scelte proprie della funzione civile o professionale che esse svolgono, confrontandosi in proposito con le persone di fede diversa senza la pretesa di possedere in quel campo una verità rivelata, direttamente attinta dalla volontà divina. Anzi, credo che la Chiesa debba vegliare a che nessuno avanzi questa pretesa, nessuno violi il secondo Comandamento.
Al Governo e al Parlamento chiedo di riconoscere e proteggere, come impone la Costituzione, nella zona tra i due confini della certezza di vita umana da una parte, della certezza di morte dall’altra , quella band of reasonableness delle opzioni possibili, all’interno della quale ogni cittadino, cristiano o no, deve poter decidere e agire secondo la propria coscienza.

Pietro Ichino
Senatore del Partito Democratico

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lunedì 9 febbraio 2009

MEDICI e NON SPIE!

Oggi ho presentato un Ordine del Giorno, firmato anche dal Collega Consigliere Comunale Gianluigi Bonino che si contrappone all'emendamento presentato dalla Lega che abolisce il divieto di denunciare le Persone "irregolari" che accedono alle strutture sanitarie. Tale Ordine del Giorno - che non ha potuto essere presentato alla votazione in Consiglio Comunale a Torino oggi, per motivi regolamentari - passerà in discussione nelle prossime settimane in Commissione Consiliare, durante la quale potranno essere auditi il Presidente dell'Ordine dei Medici e Odontoiatrici di torino e Provincia e un Segretario Sindacale dei Medici.
Sarebbe auspicabile anche che fosse audito un Costituzionalista.

Due sono i "PUNTI di VISTA":

1. Ministro Maroni:
"Non abbiamo introdotto alcun obbligo di denuncia dei clandestini da parte dei medici, abbiamo semplicemente eliminato il divieto della possibilità della denuncia". Lo ha sottolineato il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, nel corso del programma 'L'elefante' condotto da Giuliano Ferrara su Radio24. "Nel 1998 - ha ricordato Maroni - è stato introdotto il divieto per i medici di segnalare i clandestini. Si arrivava così all'aberrazione che un medico che voleva segnalare un clandestino commetteva un reato. C'è stata un grande mistificazione su questo. Giornali come 'La Repubblica' e il 'Corriere della sera' - ha aggiunto il ministro - hanno messo in prima pagina una cosa non vera scrivendo che c'era l'obbligo di denuncia. E' falso. Se il medico non vuole denunciarlo non lo fa, ma non è giusto punire un medico che magari vuole segnalare alla polizia un clandestino ferito da una ragazza che ha stuprato". Maroni ha quindi fatto notare che "in tutti i Paesi d'Europa esiste la situazione che vogliamo introdurre noi, non c'è cioè alcun divieto ai medici della possibilità di denunciare i clandestini. In Germania, anzi, c'è l'obbligo di farlo. Alzare questo polverone su una norma di buon senso - ha concluso - mi sembra un'operazione molto provinciale e molto poco seria".

2. i Medici.

Se passa l'emendamento, i MEDICI PUBBLICI, ma NON i privati, saranno obbligati a segnalare le persone "clandestine", pena la denuncia per omissioni di atti d'ufficio.
Ingfatti i MEDICI PUBBLICI hanno l'obbligo di referto per segnalare un reato che il proprio paziente ha commesso anche se la segnalazione potrebbe causare danno al paziente. E quello di immigrazione clandestina sarà considerato un vero reato.
Con la precedenti disposizioni legislative, l'obbligo di denuncia degli immigrati clandestini fu abolito. Se ci sarà l'approvazione dell'emendamento, i MEDICI PUBBLICI dovranno fare il Referto di denuncia alle Autorità, poichè quello di "immigrazione clandestina" sarà da quel momento considerato un reato (fino ad ora non lo è !!)
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PROPOSTA DI ORDINE DEL GIORNO
al CONSIGLIO COMUNALE
della
CITTA' di TORINO

Proposta di

ORDINE DEL GIORNO

Al

CONSIGLIO COMUNALE

DELLA

CITTA' DI TORINO

Preso atto che

nel Parlamento italiano è in discussione in questi giorni un pacchetto di norme di diverso tenore, che si riferiscono a cittadini stranieri immigrati ed in particolare agli extracomunitari;
in particolare è stato recentemente approvato da un ramo del Parlamento un emendamento che consente agli operatori sanitari, a differenza che nel passato, di segnalare alle autorità di polizia persone non in regola con il permesso di soggiorno.

Rilevato che

L’art. 32 della Costituzione vigente afferma la “tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” e che certamente questa prescrizione è applicabile a chiunque sul territorio nazionale, indipendentemente dalla liceità del suo soggiorno, fatta salva la possibilità da parte dell’Autorità giudiziaria, di sanzionare attraverso regolari processi ogni azione o situazione di illegalità

Rilevato altresì che

Il recepimento di tale emendamento da un lato imporrebbe al medico una scelta morale e deontologica, stretto tra l’obbligo di segretezza e l’obbedienza a questa norma, collegata peraltro al nuovo reato di immigrazione clandestina, anch’esso contenuto del cd. “pacchetto sicurezza” e dall’altro, indipendentemente dalla possibilità di una sua concreta applicazione, porrebbe le Persone straniere irregolari nel dilemma se accedere alle strutture mediche, con il rischio di essere segnalato e conseguentemente espulso e successivamente incarcerato, oppure non curarsi, ovvero farlo in strutture clandestine e segrete.
Che conseguentemente diverrebbe in ogni caso difficile per le Persone irregolari fidarsi da oggi in poi delle strutture sanitarie

Considerato che


le Persone irregolari e senza permesso di soggiorno,

· come qualunque individuo hanno il diritto stabilito dalla Costituzione italiana ad una assistenza sanitaria di base, d’urgenza o volta alla prevenzione, tale da consentire loro un autentico diritto alla vita

· saranno disincentivate a recarsi presso sanitari nel caso dovessero presentare problemi di salute e che di conseguenza potrebbero correre rischi di vita o diventare portatori di particolari e gravi patologie, potenzialmente diffusibili nella popolazione intera (ad es. malattie sessualmente trasmissibili, TBC, ecc.

Rilevando che

· il mancato costante monitoraggio e controllo di queste patologie da parte del sistema sanitario italiano potrebbe portare alla diffusione incontrollata delle stesse


Considerato infine che


· Nella Città di Torino esistono strutture ed organizzazioni sanitarie (ambulatori ASL, Ospedali, Medici di Medicina Generale Convenzionati, Pediatri di famiglia, Consultori famigliari, ecc) che hanno personale sanitario interessato alla riforma di cui si è detto

· Che nella Città di Torino vivono, abitano, si muovono, un notevole numero di cittadini extracomunitari irregolari, potenziali destinatari della norma


ESPRIME


· La propria contrarietà per la palese violazione di qualunque principio etico, oltrechè costituzionale, sotteso alla formula adottata dall’emendamento in discussione .

· La propria contrarietà per l’artificiale divisione creata tra i cittadini italiani e le Persone irregolari, che sono anzitutto Persone (uomini, donne, anziani, bambini) come noi, cui viene nei fatti negato il fondamentale diritto alla salute e conseguentemente alla vita.

· Profonda preoccupazione nei confronti delle conseguenze di un eventuale recepimento da parte dei sanitari dell’emendamento in norma sia nei confronti delle Persone irregolari , sia in generale dei cittadini, per le potenziali, gravissime, ricadute sulla salute di entrambi


IMPEGNA

Il Sindaco della Città di Torino

a trasmettere il presente documento ai Presidenti dei due rami del Parlamento Italiano ed al Presidente della Repubblica, affinché nei rispettivi ruoli istituzionali non consentano questo stravolgimento delle più elementari norme del diritto.

A trasmettere il presente documento anche alle Direzioni Generali delle ASL e ASO cittadine, A rappresentare le ragioni etiche su cui è fondato il presente O.d.G. in ogni occasione nella quale sia previsto o consentito un parere della Città di Torino su questa materia .


Torino 9 febbraio 2009

CarlO ZANOLINI
Gianluigi BONINO

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Comunicato Stampa inviato ai Giornalisti


lunedì 2 febbraio 2009

ANCHE UN PONTE INTITOLATO A Mauro ROSTAGNO

Questa è la lettera che ho inviato alla Commissione Toponomastica in data 2 Febbraio 2009 perchè, dopo aver ascoltato in occasione del "Diritto di tribuna" i rappresentanti di circa 1000 firmatari di un appello perchè sia intitolato un ponte sulla dora in corrispondenza di Via Livorno a Mauro Rostagno:

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Torino, 2 Febbraio 2009


Al Presidente della Commissione Toponomastica
Comune di Torino



Gentile Presidente,

Questa mia richiesta fa seguito a quanto esposto da Cittadini e rappresentanti di Associazioni in data 2 Febbraio 2009 durante il Diritto di Tribuna da Lei presieduto nella Sala Capigruppo, e sostenuto da una considerevole raccolta di firme di Cittadini del quartiere e non.
Mi permetto di supportare quanto richiesto in quella occasione .
Richiedo quindi formalmente che si proponga a codesta Commissione Toponomastica di
intitolare a Mauro ROSTAGNO il ponte sulla Dora di via Livorno, o in alternativa, secondo quanto suggerito dalle Circoscrizioni, la passerella che corre parallela a Via Livorno, soprannominata “Il Cannocchiale”.

Mauro ROSTAGNO, come noto, è un noto nostro concittadino di nascita, ucciso dalla malavita organizzata nel trapanese per le sue pubbliche denunce dei malaffari delle organizzazioni criminali di quella zona.
Il suo impegno civile e umanitario lo ha visto da un lato a contribuire alla riabilitazione e reinserimento sociale di tossicodipendenti con la Sua Associazione/Comunità “Saman” nelle vicinanze Trapani e dall’altro a usare il mezzo radiotelevisivo, con la emittente “RTC” per denunciare le infiltrazioni della malavita organizzata nella Società, nelle Istituzioni.
Tra le vittime della mafia e delle organizzazioni mafiose, molti purtroppo sono stati i torinesi.
Mauro Rostagno è una di quelle.
Si ritiene che Torino debba ricordare il suo sacrificio.

Firmato
Carlo Zanolini
Consigliere Comunale della Città di Torino
Capogruppo Gruppo Consiliare " AMBIENTEeITALIA - MODERATI "

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